Omelia del Cardinale Salcatore De Giorgi in occasione dell'incontro di spiritualità "Un giorno con San Rocco" celebrato il 24 ottobre 2009 nella Chiesa di San Rocco di Roma
• “Una donna vestita di sole, con la luna sotto i piedi e sul capo una corona di dodici stelle”. E’ questo il segno grandioso apparso nel cielo di Patmos con il quale S. Giovanni Evangelista ci ha invitati a contemplare la Vergine Maria sullo sfondo della visione più diretta chiesa, del popolo di Dio, del quale Maria è membro singolarissimo e modello fulgidissimo, oltre che madre. E’ i segno grandioso dell’Incoronata che da mille anni in un bosco del foggiano a lei particolarmente caro. Secondo la tradizione, infatti, l’ultimo sabato del mese di aprile del 1001, la Vergine apparve al conte di Ariano e a un contadino su una quercia, avvolta da un grande splendore, come da bagliori di fuoco. Si presentò come la Madre di Dio e chiese che in quel luogo fosse eretta una cappella in suo onore. La cappella fu costruita e divenne subito meta di fedeli, accolti dallo zelo di comunità monastiche e religiose che si sono avvicendate nel corso dei secoli nel contiguo monastero, i Basiliani, I Verginiani, i Circestensi, i Fatebenefratelli e dal 1950 i figli di S. Luigi Orione, che ne hanno fatto uno stupendo Santuario, costruito e reso sempre più accogliente e più funzionale, come centro di spiritualità e oasi di preghiera. Ed è significativo che nel corso dei secoli sia stato visitato da Santi insigni, come Francesco d’Assisi, Tommaso D’Aquino, Guglielmo da Vercelli, Antonio da Padova, Vincenzo Ferrer, Alfonso de’Liquori, Gerardo Maiella e nel 1916 da S. Pio da Pietrelcina, ma anche da tantissimi santi anonimi fra i milioni di pellegrini che nei mille anni della sua storia vi sono giunti e continuano a giungere da ogni parte del mondo. Di quel Santuario, essendo stato Arcivescovo di Foggia, ho sempre vivo il ricordo, ma mi è rimasto più vivo quello della Visita pastorale del Santo Padre Giovanni Paolo II a Foggia, il 24 maggio 1987. Il grande Papa volle mettere rimettere tra le braccia dell’Incoronata il Bambino Gesù: un gesto espressivo sia della divina maternità di Maria sia dell’affidamento di tutti noi a Colei che nel progetto di dio è stata chiamata ad essere nostra Madre e come tale ci è stata affidata da Gesù morente sulla croce. Perché Madre di Dio, lei è stata incoronata Regina del cielo e della terra: è questo il significato della suggestiva tradizione che ritiene l’immagine mariana di quel Santuario incoronata direttamente dagli angeli nella notte dell’apparizione. Maria è anche nostra, per cui la sua fulgida corona di gloria dobbiamo essere noi, suoi figli: questo è il significato, esaltante ed esigente insieme, della nostra devozione filiale per lei. “La vera devozione – insegna il Concilio Vaticano II – non consiste né in uno sterile e passeggero sentimentalismo, né in una certa qual vana credulità, bensì procede dalla fede vera, della quale siamo portati a riconoscere la preminenza della Madre di Dio e siamo spinti al filiale amore verso la madre nostra e alla imitazione delle sue virtù” (LG, 67). L’imitazione delle sue virtù: è questo il messaggio perenne che l’Incoronata rivolge a tutti noi. E un invito anzitutto a tendere alla santità, a “questa misura alta della vita cristiana ordinaria” alla quale tutti siamo chiamati in forza del Battesimo che ci ha resi figli di Dio, il tre volte Santo, e perciò partecipi della sua santità. Lei è la Tutta Santa e la Regina di tutti i Santi. Preservata dal peccato e ripiena di grazia fin dall’istante del suo concepimento, Maia ci ricorda che la Chiesa e, in essa, tutti noi dobbiamo essere senza rughe e senza macchia santi e immacolati nella carità, per rendere più vivibile, più solidale, più serena la convivenza umana, oggi seriemente compromessa e turbata dal degrado morale e della violenza della microcriminalità, dei terrorismi e delle guerre. In questo contesto socio-culturale, dominato dal secolarismo che mette tra parentesi Dio, induce l’uomo a vivere come se Dio non esistesse e lo illude di poter costruire la sua storia senza Dio, se non addirittura contro Dio, noi cristiani, con la santità della nostra vita corrente del Vangelo, dobbiamo costituire il segno credibile della presenza di Dio nella storia. Per questo non posiamo accontentarci di vita mediocre, vissuta all’insegna dell’etica minimalistica e di una religiosità superficiale, ma, accogliendo l’invito di Maria rivolto ai servi di Cana, la nostra continua tensione deve essere nell’ascoltare e nel mettere in pratica quello che il suo Figlio ci ha detto nel vangelo, a somiglianza di San Rocco che veneriamo in questa Chiesa- Da qui la necessità di un “rinnovato ascolto della Parola di Dio”, come nel loro Messaggio ci hanno esortato i Padri del Sinodo dei Vescovi nell’ottobre dell’anno scorso, con l’invito a leggere, meditare e pregare la Bibbia non solo nelle nostre Chiese, ma anche nelle nostre famiglie, come nutrimento essenziale della vita cristiana. E sono lieto nell’apprendere che questo è un punto fermo della vostra Associazione di Amici di San Rocco soprattutto del suo fondatore ed animatore spirituale il procuratore di San Rocco Costantino De Bellis. E questo tanto più urgente in quanto – come è risultato di una recente indagine in Italia – la Parola di Dio, contenuta nella tradizione della Chiesa e nella Sacra Scrittura, non è conosciuta dalla maggior parte dei cristiani. La triste conseguenza è che si conosce bene chi è, che cosa ha detto e che cosa ha fatto Gesù. L’ignoranza delle Sacre Scritture – afferma San Girolamo – è ignoranza di Cristo”. E di Gesù oggi occorre una conoscenza più profonda, giacchè proliferano libri, romanzi, mostre, films, che negano la sua divinità, mettono in dubbio perfino la sua esistenza storica, e ne infangano la santissima umanità con gravissime insinuazioni e affermazioni gratuite, senza fondamento storico, che intendono demolire la fede in Cristo. Impareggiabile discepola e maestra della parola di Dio è l’Incoronata, Maria, la Vergine in ascolto, la cui fede fu promessa e via alla maternità divina, causa di beatitudine e certezza circa l’adempimento della parola del Signore, sorgente di riflessione sugli eventi dell’incarnazione, della quale fu protagonista e testimone singolare. Lei, che ha sempre ascoltato la Parola di Dio e l’ha messa in pratica, c’insegna a fare altrettanto, per orientare la nostra vita nel cammino della santità. E’ questa, d’altronde, la condizione ineludibile per comunicare il Vangelo in un mondo che cambia con rinnovato entusiasmo missionario e in modo più credibile ed efficace. E sempre docili al Magistero del Papa che dal Signore ha ricevuto il mandato di confermare i fratelli nella fede. E significativo che San Rocco abbia fatto un pellegrinaggio a Roma per rafforzarsi nella fede. Ma per realizzare la prima e fondamentale vocazione alla santità, occorre la preghiera. Purtroppo anche la preghiera non va data per scontata. E in realtà o si prega poco, o si prega male, o non si prega affatto. Eppure, specie di fronte alle numerose prove che il mondo di oggi pone alla nostra fede, sfidata dal materialismo pratico, dal permissivismo edonista e libertario, dal soggettivismo e dal relativismo etico, senza vita di preghiera si diventa cristiani mediocri, anzi cristiani a rischio. Si corre il rischio insidioso di vedere progressivamente affievolita la propria fede e di cedere al fascino dei surrogati della preghiera, accogliendo proposte alternative e indulgendo persino alle forme stravaganti della superstizione e, peggio ancora, a quelle deviate della magia, della divinazione, dello spiritismo,oggi purtroppo abbastanza diffuse anche fra i cristiani. Occorrono scuole di preghiera, di una preghiera che sia un filiale incontro con Dio, un fraterno incontro con Cristo, che “non si esprima soltanto in implorazioni di aiuto, ma anche in rendimento di grazie, lode, adorazione, contemplazione, ascolto, ardore di affetti, fino a un vero coinvolgimento del cuore” (NMI, 33). E sono lieto che nella vostra Associazione si dà largo spazio alla preghiera. Anche di questa scuola Maria è Maestra. Vergine in preghiera appare a Cana, dove, come è stato ricordato nel Vangelo, manifesta al figlio on delicata implorazione una necessità temporale per i due sposi, e ottiene anche un effetto di grazia: il primo segno della divinità del Figlio che conferma nella fede dei discepoli. Maestra di preghiera la presenta San Luca negli Atti degli Apostoli. La sua presenza orante nel Cenacolo con gli apostoli, le donne e i parenti di Gesù nella Chiesa nascente nella Vigilia della Pentecoste, fu l’inizio della sua materna intercessione che, dopo l’Assunzione, continua incessantemente nel cielo, mentre”sulla terra brilla innanzi al popolo di Dio quale segno di sicura speranza e di consolazione (LG 68). Maestra di preghiera, nel Cenacolo Maria si manifesta anche come madre e modello di comunione. Attorno a Lei, la donna in più intima unione con la Santissima Trinità, si forma la prima comunità cristiana nella concordia e nell’unità. Animata dalla carità fraterna, sulla quale si fonda la comunione ecclesiale che incarna e manifesta l’esistenza stessa del ministero, la Chiesa deve dare al mondo la testimonianza del comandamento nuovo dell’amore scambievole che Gesù le ha lasciato come tessera di riconoscimento dei suoi discepoli. Oggi soprattutto, in un mondo diviso e conflittuale la Chiesa deve essere scuola di educazione allo spirito e alla prassi della comunione, che nella celebrazione dell’Eucarestia ha la sua inestinguibile sorgente, nella celebrazione del sacramento della Penitenza la sua ricostruzione quando è infranta dal peccato, nel pellegrinaggio un segno forte di quel camminare l’insieme che la caratterizza e la manifesta, nelle opere di carità la sua espressione più evangelica. L’esempio ci viene da Maria. • Con amore proveniente e disinteressato corre in aiuto alla cugina Elisabetta • Alle nozze di Cana interviene per togliere l’imbarazzo i due giovani sposi • Ai piedi della croce si unisce al Figlio di Dio che perdona ai suoi crocifissori e si offre vittima di espiazione per i peccati • Nel magnificat canta l’esaltazione degli umili e dei poveri, i prediletti del Signore. Lei è vera madre e maestra di carità. In ogni tempo. Ma soprattutto oggi. Oggi – esclamava Giovanni Paolo II – “è l’ora di una nuova fantasia della carità, che si dispieghi non tanto e non solo nell’efficacia dei soccorsi prestati, ma nella capacità di farsi vicini, solidali con chi soffre, così che il gesto di aiuto sia sentito non come obolo umiliante ma come fraterna condivisione” (NMI, 50). Ma l’esempio ci viene anche da San Rocco, vero Santo della carità fino a rischiare la vita per gli appestati, per i poveri. E sono lieto che la vostra Associazione svolga numerose iniziative di carità nell’accoglienza, nella condivisione, nella solidarietà, nell’aiuto e nel dono. Carissimi fratelli e sorelle amati dal Signore, in occasione della visita pastorale al Santuario dell’Incoronata, Giovanni Paolo II, incontrandosi con le famiglie, esortò gli sposi a salvaguardare la dignità della famiglia fedeli alla santità del matrimonio e i genitori a educare i figli nella preghiera, a introdurli nella progressiva scoperta nel mistero di Dio e nel colloquio personale con Lui, alla partecipazione all’Eucarestia soprattutto domenicale e agli altri sacramenti. La stessa esortazione rivolgo a tutti voi, sposi e genitori qui presenti, perché le vostre famiglie dall’Incoronata, traggano la luce e la forza per far fronte alla crisi che oggi minaccia la famiglia vera, fondata sul matrimonio di un uomo e una donna, ed essere i santuari domestici della preghiera, della concordia, dell’unità e nella pace. Nel pellegrinaggio della vita, espresso dai pellegrinaggi di San Rocco e dai vostri pellegrinaggi ai suoi santuari, saremo così aiutati a camminare insieme con Maria alla sequela del suo Figlio e meritare la sua stessa corona di gloria nel Santuario celeste della vita senza fine. Amen
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